La resistenza all’accettazione
Ci sono dei giorni, dei momenti, in cui ci capita di essere tristi, nervosi, ansiosi, tesi e di non sapere il perché. Continuiamo a sentire quel peso allo stomaco, quel vuoto nel petto, quel respiro pesante che non ci abbandona: lo sentiamo e cerchiamo di fare di tutto per evitarlo, dimenticarlo, farlo svanire il prima possibile.
L’illusione dell’uomo è quella di poter controllare tutto, di volerlo poter controllare perché ciò che sfugge ci spaventa, ci disorienta, ci fa sentire fragili. E allora cerchiamo di stare bene, sempre in forma, sempre attivi: cerchiamo di FARE sempre qualcosa. Ma forse è lì l’inganno del nostro tempo: il Fare. Ci sono delle volte in cui è necessario Stare, ma non con quell’atteggiamento passivo rivolto alla speranza che qualcosa cambi: stare dentro, stare con quello che sentiamo, stare con il nostro peso, il nostro vuoto, il nostro respiro pesante. Stare pienamente. In fondo vuol dire stare con il proprio corpo, anche quando è fastidioso, anche quando sentiamo dolore, tristezza, poiché anche questi sono sentimenti, anche queste sono emozioni, e non di meno hanno ragion d’essere, di esistere. La nostra illusione di perfezione è una mera illusione, pretendendo da noi stessi di non provare ciò che pensiamo sia negativo o sbagliato: questo vuol dire rinnegarsi. In fondo quando non ci ascoltiamo non stiamo facendo altro che giudicarci, aizzandoci a persecutori di noi stessi, trattandoci come se fossimo una macchina che deve funzionare sempre bene, in cui qualsiasi pezzo “difettoso” debba essere cambiato, qualsiasi deviazione dalla norma, dalla efficienza, dalla produttività ripristinata nell’ordine di ciò che “dovrebbe essere”.
E allora abbiamo fastidio, paura terrore o addirittura panico per ciò che non riusciamo a controllare di noi, per ciò che sfugge alla nostra determinazione razionale.
L’illusione dell’uomo è quella di poter controllare tutto, di volerlo poter controllare perché ciò che sfugge ci spaventa, ci disorienta, ci fa sentire fragili. E allora cerchiamo di stare bene, sempre in forma, sempre attivi: cerchiamo di FARE sempre qualcosa. Ma forse è lì l’inganno del nostro tempo: il Fare. Ci sono delle volte in cui è necessario Stare, ma non con quell’atteggiamento passivo rivolto alla speranza che qualcosa cambi: stare dentro, stare con quello che sentiamo, stare con il nostro peso, il nostro vuoto, il nostro respiro pesante. Stare pienamente. In fondo vuol dire stare con il proprio corpo, anche quando è fastidioso, anche quando sentiamo dolore, tristezza, poiché anche questi sono sentimenti, anche queste sono emozioni, e non di meno hanno ragion d’essere, di esistere. La nostra illusione di perfezione è una mera illusione, pretendendo da noi stessi di non provare ciò che pensiamo sia negativo o sbagliato: questo vuol dire rinnegarsi. In fondo quando non ci ascoltiamo non stiamo facendo altro che giudicarci, aizzandoci a persecutori di noi stessi, trattandoci come se fossimo una macchina che deve funzionare sempre bene, in cui qualsiasi pezzo “difettoso” debba essere cambiato, qualsiasi deviazione dalla norma, dalla efficienza, dalla produttività ripristinata nell’ordine di ciò che “dovrebbe essere”.
E allora abbiamo fastidio, paura terrore o addirittura panico per ciò che non riusciamo a controllare di noi, per ciò che sfugge alla nostra determinazione razionale.
In realtà quanto più stiamo con il nostro corpo, le nostre emozioni, con noi stessi Interamente, tanto più queste esperienze non ci avvolgono o ci fanno sentire sopraffatti, poiché trovano un loro spazio. Non si tratta di perdere il controllo, di lasciarsi andare senza freni, ma di permettersi di sentire ciò che si è senza giudicarsi, ascoltando quello che quell’emozione ci sta dicendo di noi, semplicemente Accettando che possa esistere, che possa esistere in noi: dunque Accettandosi. Solo così potremo conoscerla, comprenderla e prenderla nel modo che sentiamo più giusto per noi.
“Dunque dobbiamo accettare il nostro male, senza amore né odio, riconoscendo che esso esiste e che deve avere la sua parte nella vita. In questo modo gli togliamo la forza di sopraffarci.”(C.G.Jung – Libro Rosso, p.287)
Accettazione parte proprio da un Ascolto di Sè, delle proprie percezioni, del proprio corpo: perché il corpo conosce un linguaggio senza parole, senza giudizi, in cui si è quello che si è nel qui ed ora.PRATICA: Secondo ciclo di ” Esercizi corporei per risvegliare le Sè-nsazioni”
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