Quanto ci pesa chiedere?
“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede riceve, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”
Cosa vuol dire questa frase? Cosa vuol dire per noi chiedere?
Spesso nella pratica terapeutica mi sono ritrovata a riflettere su questo tema: infatti, appare sempre come qualcosa di molto difficile e impegnativo poter chiedere all’altro, soprattutto quando parliamo di richiedere attenzioni, affetto, comprensione, ascolto. Molte volte ho ascoltato pazienti, persone, amici dirmi “e se poi l’altro mi dice di no! Che chiedo a fare?” Beh, in effetti, ricevere un no non è facile, ma chiedere può essere l’unico atto che ci salva.
Chiedere vuol dire domandare; domandare vuol dire dare la possibilità all’altro di rispondere, di rispondere come ritiene necessario. Richiedere esprime una delle capacità adulte più importanti per la propria autonomia. Nonostante spesso ci diciamo che non vogliamo chiedere perché ce la vogliamo fare da soli, in questa mancata richiesta si cela l’ombra di un’aspettativa o dell’illusione. L’aspettativa che l’altro capisca, intuisca, colga quello di cui abbiamo bisogno. L’illusione di essere assolutamente indipendenti, ossia di non aver bisogno assolutamente di nessuno.
Cosa chiediamo quando chiediamo? Sappiamo realmente chiedere?
Chiedere ci fa sperimentare la distanza dall’altro, chiedere ci fa scoprire che l’altro esiste e che può, per questo, esserci o non esserci per noi. Spesso, invece, le nostre richieste sono pretese implicite: la pretesa che quello che noi chiediamo sia accolto, che l’altro esista per noi e che sia disponibile ad accoglierci quando ne abbiamo bisogno. Ma l’altro non esiste per noi, come noi non esistiamo per gli altri: ognuno ha una propria vita, dei propri pensieri, dei propri vissuti, dei propri problemi. Eppure quando chiediamo, supponiamo che l’altro debba esserci, e se non c’è “allora non ci vuole bene quanto pensavamo”. Vogliamo che l’altro ci sia con la sua volontà, ma se non vuole e allora… Spesso mascheriamo con le domande delle pretese. Ci aspettiamo che l’altro capisca, come se fosse costantemente orientato alla nostra mente, come se la sua esistenza fosse incentrata sulla nostra, come se fossimo dei bambini che piangendo si aspettano che la mamma capisca che hanno fame, perché lei “esiste” per loro e loro, infanti, non possono fare altro. La realtà è che da “grandi” nessuno “esiste” per noi e noi POSSIAMO FARE ALTRO, solo che ha un costo molto più elevato di stare lì ad aspettare che qualcuno ci capisca e poter dire che siamo vittime dell’incomprensione, perché “ noi ci siamo sempre”. Ahimè nessuno ce l’ha imposto!
Chiedere è un atto di libertà, di autonomia, di responsabilità adulta davvero importante: perché saper chiedere vuol dire sapersi esporre, saper dire che qualcosa ci manca e, dunque, che non siamo perfetti e bastiamo a noi stessi sempre; saper chiedere vuol dire accettare che l’altro può scegliere o meno di rispondere alla nostra richiesta come noi vogliamo, accettare che l’altro ci possa dire si o no. Chiedere è un atto di libertà in cui mi permetto di esprimere ciò di cui ho bisogno e permetto all’altro di accettare o meno questa mia richiesta. Aspettare che l’altro ci capisca, ci comprenda perché abbiamo bisogno, è un modo per scappare da questo fardello: assumerci la responsabilità delle nostre fragilità e delle nostre mancanze e capire che, anche se abbiamo bisogno, l’altro può non esserci per noi. E se non ci va bene, scegliere di conseguenza.
Chiedere è un grande atto di separazione: separo me da te, non mi aspetto che tu capisca e non mi aspetto che tu risponda. Perché l’altro può essere egoista, egocentrico, disinteressato, preso dai suoi problemi, incastrato nella sua vita e nelle sue battaglie e non avere né la voglia, né la forza di capirci: perché l’altro ha il diritto, come noi, di essere semplicemente ciò che è.
Chiedere è un atto estremamente complesso, davvero difficile, ma Unico per cercare di avere quello che abbiamo bisogno: ed è questo il nostro grande potere, è questo quello che ci differenzia da un bambino. Noi possiamo chiedere e scegliere un’altra strada se quella che intraprendiamo non ci basta: un bambino no, un bambino non può dire “ mamma visto che non mi dai affetto, cerco un’altra mamma”.
Allora la prima riflessione la modificherei così “ solo chiedendo possiamo avere, solo cercando possiamo trovare, solo bussando vi può essere aperto. Perché non importa cosa farà l’altro: solo provando, rischiando di non avere, di non trovare e di non essere aperti, possiamo rischiare anche di avere, trovare ed essere aperti!”
Quindi l’altro ci può dire di No, ma è anche l’unico modo per poter avere un Sì.
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