Fidarsi del segreto del paziente
In terapia si parla spesso di fiducia del paziente verso il terapeuta, ma cosa possiamo dire della fiducia del terapeuta nel paziente?
Un fattore importante, nel processo terapeutico, credo sia che il terapeuta mantenga dentro di sé uno stato di fiducia nel segreto del paziente: nelle risorse un po’ nascoste che ognuno ha, ma che delle volte, fa fatica a riconoscere. Uno stato di fiducia da tenere saldo, proprio e soprattutto, quando il paziente si sente scoraggiato, sfiduciato, impotente: quando pensa di non avere più possibilità. E questo accade spesso quando si è in un “periodo buio”, un periodo di difficoltà in cui ci sembra non trovare uscita.
Questa fiducia, che il terapeuta custodisce, non vuol dire credere indiscriminatamente che tutto sia possibile, che “si può tutto”, in una sorta di “delirio di onnipotenza”, in questo tutto indifferenziato che sembra appartenere a chiunque e a nessuno.
Allora che cosa vuol dire avere fiducia nel segreto del paziente?
Credo significhi intuire delle piccole luci, sotterranee, che l’altro tiene dentro di Sé.
Quelle chiuse in un cassetto per custodirle ma di cui poi, nel tempo, ha dimenticato la chiave. Spesso accade di intravederne uno spiraglio ma non è ancora chiaro dove sia la serratura,per lasciarla uscire.
Credo che tutto questo abbia a che fare con l’attesa, quel vuoto fertile che ci permette di riscoprire delle cose: il sapere che lì c’è luce, che può aprire un varco nel buio, nell’ombra, nell’oscuro del paziente ma che finché la persona stessa non sarà pronta ad aprire, finché alla persona stessa non sarà accessibile la chiave, è necessario accompagnarla in questo processo di ricerca con fiducia che prima o poi quella luce verrà fuori, tenendo fisso nella propria mente quello spiraglio, ricordando che è lì.
Credo che questa fede sia necessaria affinché entrambi ad un certo punto possano vedere, sentire e trovare quella strada insieme.
Avete presente quell’immagine che girava in internet, qualche tempo fa, del leopardo delle nevi mimetizzato nella roccia?
Può essere che il terapeuta lo intraveda prima ma, solo quando il paziente sarà pronto a vedere, potranno meravigliarsi entrambi della scoperta. Che è sempre stata lì, un po’ mimetizzata, ma che una volta vista sembra che non si possa più fare almeno di vederla. E quasi ci sembra impossibile non averla notata prima.
Ecco questo è il tipo di fiducia che serve: quella che accompagna senza svelare prima; quella che attende senza impazienza; quella che ha pazienza quando si è impazienti di scoprire. Perché una scoperta suggerita non è una vera scoperta e non ci permette di sentirci capaci e meravigliati.
E non è la meraviglia una delle sensazioni più belle dell’animo umano?