“Mi dispiace, ma non ho tempo”

Sempre più spesso mi capita di ascoltare persone che si lamentano di “non avere tempo” o “di avere poco tempo” per sè: ci sentiamo sempre più spesso stressati, sovraccarichi, ansiosi, preoccupati, scontenti. Quelle stesse persone spesso, appena “hanno del tempo libero” non sanno cosa fare, si annoiano, tentano di “far passare il tempo” occupandosi di qualsiasi cosa gli permetta di fare, di sentirsi “utili”, “produttivi”.

In una società sempre di corsa, in cui la vita serve al lavoro, in cui il tempo è denaro, in cui l’altro è diventato mero specchio per ritrovare il proprio pallido riflesso, in cui le differenze vengono osannate ma anche temute, in cui tutto sembra essere concesso ma nulla è realmente preso, cosa succede al nostro tempo? Ma soprattutto “chi ha il nostro tempo?”

Spesso ci diciamo “ho tantissimo lavoro”, oppure “devo fare altre cose” o, ancora,

“non posso non farlo”: ma eccoci qua a chiederci insieme chi decide ciò che posso e ciò che non posso, quello che devo e non devo fare, quello che voglio e non voglio. La risposto è molto semplice: NOI.

E’ vero che le nostre realtà diventano sempre più complesse, che il lavoro occupa sempre più tempo ma, contemporaneamente, lasciamo che questo si impadronisca di tutta la nostra vita: e allora subentra l’ansia, la preoccupazione, la paranoia, l’ossessione che pervade ogni momento. Perché anche quando non lavoriamo, siamo preoccupati, arrabbiati, ansiosi per ciò che è accaduto lì, perché anche quando non lavoriamo abbiamo impegni da rispettare, corsi da frequentare, cose da “fare”.

Ma chi ne stabilisce la priorità?

Nella cultura degli antichi greci c’erano due parole per il tempo: χρονος (Kronos) e καιρος (Kairòs).
Kronos è il tempo lineare, logico, sequenziale: è quello a cui noi, generalmente e convenzionalmente,
facciamo riferimento quando parliamo dell’orario.
E poi c’è Kairos, la concezione soggettiva del tempo per gli antichi greci: rappresenta il tempo in corso, un tempo scandito dall’affetto, da ciò che sentiamo nel “qui ed ora” e, quindi, dalla consapevolezza del momento presente, ossia il quello in cui stiamo facendo esperienza. Quello in cui, come si può notare dalla rappresentazione alla nostra destra, siamo noi a dare il peso, siamo noi che scegliamo dove far dirigere l’ago della bilancia della nostra vita.
La difficoltà di saper gestire il nostro tempo, di coniugare ed equilibrare il tempo esterno con il proprio, ci rende travolti dal fare, dalle cose.”Così,banalmente concentrati sulla quantità del fare e omologati nell’appiattimento dell’avere, abbiamo perso la specialità, la singola, personale, particolarità e quindi la qualità dell’essere.” (cit)

Recuperare il Kairos vuol dire recuperare il tempo dell’Anima, non intesa necessariamente in senso religioso, ma intesa come centro del nostro essere: quel tempo in cui esprimiamo ciò che siamo decidendone noi le nostre priorità, permettendoci di vivere per ciò che noi siamo e vogliamo. Non è una scelta semplice, nè facile, ma ci porta ad essere consapevoli e responsabili di ciò che stiamo scegliendo e delle conseguenze, senza lasciar passare il tempo della nostra vita (l’unico che ci è concesso avere) come se ci fosse imposto dall’alto dalla mano di una divinità troppo incalzante.

E allora possiamo chiederci:
Che Valore do al tempo della Mia vita?
Quali sono realmente le mie priorità?
Cosa nutre la mia Anima?
Posso permettermi di essere presente e di stare nella mia vita senza necessariamente fare?Ad ognuno l’ardua risposta

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